Lo scoppio del padiglione Cattani

La tragedia in diretta mentre ero impegnato nei quotidiani “giri” di cronaca in ospedale per raccogliere notizie. Un duplice boato scuote le pareti del Pronto soccorso. Segue un’esplosione. Corro all’esterno, la tragedia è sotto i miei occhi. I tre piani del padiglione Cattani dove si trova il reparto di cardiochirurgia e di gastroenterologia sono completamente sventrati, avvolti da una cortina di fumo nero; le macerie hanno travolto degenti, familiari, infermieri, medici. Sibilano le ambulanze dei soccorsi e dei vigili del fuoco che iniziano a scavare sotto le macerie fino a notte, dove trovano senza vita dopo un lungo lavoro ai fari delle fotoelettriche, 19 persone, fra cui due ragazze poco più che ventenni e numerosi feriti gravi. Qualcuno è estratto dalla massa di detriti, miracolosamente illeso. Alla fine salirà a 21 il numero delle vittime. Sono le 14,30 del 13 novembre 1979. Fu una delle più grosse tragedie accadute a Parma nel dopoguerra. A causare l’esplosione, come fu rivelato in seguito, fu una bombola di ossigeno installata malamente.
Furono giorni drammatici per la città coinvolta in un dolore collettivo, la gente si domandava il perché di quella sciagura, mentre i pompieri ricomponevano i detriti per risalire alle cause dell’accaduto. La Giunta del sindaco Lauro Grossi proclamò il lutto cittadino, le attività sospese, rinviato lo spettacolo in programma al teatro Regio. Tutta la città prese parte ai funerali celebrati in Cattedrale, dove intervenne la Presidente della Camera Nilde Jotti. La tragedia del “Cattani” non si concluse con le esequie in Duomo, ma purtroppo, dolore nel dolore, proseguì nelle aule giudiziarie per trovare i responsabili dell’accaduto. In memoria delle ventun vittime è stata posta in Ospedale davanti alla Torre delle Medicine, una lapide dove sono incisi i loro nomi. 

Giovanni Ferraguti