
L’ora buca, thriller fantapolitico
A colloquio con lo scrittore parmigiano Valerio Varesi
Valerio Varesi, sessantenne giornalista di “Repubblica”, è senz’altro lo scrittore parmigiano più conosciuto in Italia negli ultimi vent’anni.
Il suo commissario Soneri è nato in libreria nel 1998 in una piccola casa editrice, ma da allora il suo successo è stato inarrestabile.
Presentato come il Montalbano del Nord, la Rai l’ha proposto a partire dal 2005 per tre stagioni con il volto sofferto di Luca Barbareschi, anche se, per ragioni produttive, l’azione è stata spostata prima a Ferrara e infine a Torino.
Dal 2007, però, l’autore si concede ogni tanto qualche vacanza dal suo eroe, pubblicando romanzi, per così dire, senza aggettivi.
Uno di questi, L’ora buca (Frassinelli), da poco uscito in libreria, è oggetto di una chiacchierata con l’autore, in una pausa del suo lavoro di redattore.
La promozione del libro, appena iniziata, è stata bloccata per le norme anti-Covid.
Avevo fatto alcune presentazioni, ma ora si è fermato tutto. Ora mi chiamano radio e siti specializzati come Thrillernord e Mesthriller (https://youtu.be/MvG4Cnm4Oyg) e ri-spondo alle loro domande da remoto.
Certo, la situazione è difficile: le recensioni sui giornali il pubblico più giovane non le legge, gli interventi sul web per loro natura sono volatili. Speriamo nella prossima primavera di riprendere gli incontri in presenza.
L’ora buca, un titolo molto “scolastico”, ma all’origine doveva essere un altro.
Sì, doveva essere “La carriera”, o qualcosa del genere, visto che l’anonimo protagonista, un professore di fisica in un liceo di provincia, vuole fuggire dalla sua mediocre esistenza fatta di molti dubbi, poche certezze e ancor meno soddisfazioni. Vuole il suo cono di luce, vuole uscire dall’anonimato a cui lo costringe la sua formazione scientifica e la sua professione. E tutto nasce da uno scambio di vedute con un suo collega, appunto in un’ora “buca”, tra una lezione e l’altra.
Sembra quasi che il Professore sia in parte debitore del protagonista della serie tv Breaking Bad: anche lì un docente di provincia frustrato che diventa produttore di metanfetamine e successivamente boss della droga sostanzialmente perché così può essere finalmente riconosciuto per le qualità che possiede.
No, faccio un consumo molto limitato di tv, giusto nei fine settimana quando ritorno a Parma da Bologna. Ma ci sono in effetti alcuni punti di contatto. D’altra parte, a vari livelli, compresa la politica, l’aspirazione di moltissime persone è quella di apparire, di essere conosciuto e riconosciuto. Non è un caso che due politici come Renzi e Salvini da giovani abbiano iniziato partecipando a quiz televisivi.
Il Professore, per risolvere i suoi problemi, si rivolge a un’Agenzia non meglio definita che, dopo alcune prove iniziali, lo usa come frontman di un nuovo Movimento politico: assistito da un team di tecnici, in breve riesce a vincere le elezioni politiche. Sembra quasi cronaca degli ultimi anni…
Beh, è dai tempi della discesa in campo di Berlusconi che la politica tende a uniformarsi al sentire dell’elettore medio. Salvini e gli altri hanno solo estremizzato un comportamento che però si è manifestato già all’inizio della Seconda Repubblica.
Tomassoni, l’ambiguo e sfuggente dirigente dell’agenzia con cui si rapporta il Professore, sembra quasi un futurista con la sua fede nell’azione per l’azione, fine a se stessa.
Adesso che ci penso, sì. Ma anche la nostra epoca privilegia la semplicità sulla complessità, il fare sul pensare e d’altra parte è proprio di questo ha bisogno il nostro Professore: agire per farsi riconoscere.
Bisogna dire che i suoi alunni sono abbastanza duri con lui.
Diciamo che gli adolescenti hanno bisogno di certezze e lui, con i suoi distinguo, con le sue sfumature, con la sua legge delle probabilità non è fatto per lasciare in loro un segno potente. D’altra parte rimane anche letteralmente senza parole quando, concretamente, gli fanno notare che un astro come Plutone, classificato prima in modo perentorio dagli scienziati come pianeta, è stato dagli stessi poi retrocesso. A chi credere? A quale scienza credere?
Anche il collega Pampaluga non scherza in quanto a complicazioni.
Pampaluga ricerca una sorta di fuga eroica dalla routine quotidiana del suo matrimonio che sta andando in pezzi e crede di averla trovata nella ricerca ossessiva di momenti eroici e sentimentali che però devono rivestire il manto dell’eccezionalità: solo se incontra sua moglie in una villa di scambisti o sui viali delle prostitute allora sente rinsaldarsi quel legame che la vita di tutti i giorni sta logorando.
Alla fine sembra che l’unica persona normale sia il bidello Mario.
Con Mario ho voluto rappresentare l’italiano medio che vive il presente, non si fa domande complesse, non si pone quesiti esistenziali. È felicemente sposato e altrettanto felicemente offre la sua rude semplicità sessuale ai tormenti di alcune docenti insoddisfatte della vita. Fuma con gusto le sue sigarette incurante dei messaggi minatori sui pacchetti. Ha figlie e nipote per cui stravede come un bravo nonno deve fare. Da un certo punto di vista assomiglia alla generazione dei nostri padri che ogni giorno doveva affrontare problemi pratici come lavorare, mangiare, sopravvivere, offrire un futuro dignitoso ai propri figli. E non potevano permettersi troppe complicazioni perché la vita non lo permetteva.
In questa maniera però il romanzo sembra trasudare un pessimismo senza alcuna possibilità di riscatto.
Non sono d’accordo. È vero, gli adulti non offrono spiragli di speranza. In Italia stiamo diventando sempre più un popolo di vecchi. A livello mondiale la nostra generazione ha contribuito a distruggere il pianeta sul quale viviamo. Se c’è un aspetto positivo nell’attuale pandemia di Covid è che ci ha fatto riflettere come il nostro atteggiamento sconsiderato nei confronti della natura abbia prodotto degli squilibri ambientali che ieri con l’AIDS, poi con la SARS e oggi col Covid hanno provocato il salto di specie, lo “spillone” di cui stiamo pagando le conseguenze. Ecco, se c’è un motivo di speranza è nella generazione di Greta, nel movimento ecologista; e, nel romanzo, nella carica critica degli allievi che non ne vogliono più sapere di liquide incertezze.
A quando il prossimo romanzo col commissario Soneri, i suoi anolini in brodo e la sua Bonarda?
Ci sto lavorando, dovrebbe uscire il prossimo autunno, so che molti lettori l’aspettano con impazienza.
Massimo Carloni